“Questa non è una sedia” è un progetto fotografico che analizza i luoghi della prostituzione in Italia*, focalizzandosi sull’area del sud-est barese. Realizzato lungo periferie, tangenziali e complanari della S.S.16 e S.S.100, il progetto esplora gli spazi in cui si incontrano le vite delle lavoratrici del sesso e della loro clientela.
Un paesaggio codificato
Questi luoghi, situati in aree di passaggio spesso degradate, rivelano una serie di segni che compongono un linguaggio non scritto. Foulard, drappi rossi, bottiglie d’acqua, sedie ribaltate o accostate rappresentano una forma di comunicazione silenziosa, utilizzata per trasmettere informazioni tra le lavoratrici del sesso e i loro clienti. Questo codice visivo, apparentemente casuale, è invece strutturato e chiaro per chi ne conosce il significato.
L’ambiente circostante, sebbene caratterizzato da abbandono e rifiuti, non è privo di significato. Questi spazi, lungi dall’essere “zone di nessuno”, raccontano una realtà sociale complessa, in cui si intrecciano marginalità e quotidianità.
Osservare per comprendere
Il progetto non si limita a documentare questi luoghi, ma invita a riflettere sul nostro modo di percepirli. Spesso attraversiamo questi spazi senza coglierne i dettagli, ignorando i segni che rivelano un mondo parallelo e poco visibile. Guardare diventa così un atto consapevole, un modo per comprendere meglio le dinamiche sociali che si nascondono ai margini delle nostre città.
Un invito alla riflessione
“Questa non è una sedia” non è solo un’indagine fotografica, ma anche un invito a leggere il nostro paesaggio. Osservare questi luoghi significa interrogarsi sul significato di ciò che vediamo perché guardare è sempre una scelta.
*L’attuale legislazione risale alla legge Merlin del 1958 che proibisce lo sfruttamento alla prostituzione ma, allo stesso tempo, la tollera. Il vuoto legislativo va di pari passo con quello culturale: se la morale condanna, il suo esercizio è una pratica reale.
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