Foto Diego sostiene con forza ogni forma di denuncia contro la violenza sulle donne ed il femminicidio. Ogni componente del nostro team è fermamente convinto che il silenzio non debba appartenere a questa epoca, alla nostra società civile.
Contro ogni abuso, vicino ad ogni donna, a sostegno dell’informazione, della cultura e del rispetto.
Grazie a Matteo Anatrella per averci invitato a far parte della sua denuncia.
In memoria, manifesto visivo
Mi chiamo Apronia, sono morta… la prima volta nel 24 d.C.
Uccisa senza pietà!
Quante altre volte dovrò morire?
Mi hai uccisa, tu che impugnavi l’arma tra le mani, tu che in silenzio restavi a guardare.
Adesso guardami, ancora e ancora… e ancora.
Il mio viso per sempre, freddo racconto di morte.
Nata da un’idea del fotografo partenopeo Matteo Anatrella, prodotto da ANeMA project, con la collaborazione di: Annarita Mattei, Aldo Romana, Barbara Boddi, Daniela Pisauro, Giuseppe Maturo, Luigi Rossi, Marco Ferretti, Maria Cristina Buia, Rosario Corinaldesi, Vincenzo D’Auria, Antonio Origlia, Rosa Bologna, Riccardo Petrone, Sergio Contardi Falco; a Magazzini Fotografici che gentilmente ha concesso gratuitamente gli spazi, col supporto tecnico di Foto Diego ed il patrocinio morale di Uniparthenope, ha preso vita il flash mob fotografico, che ha dato ancora voce a chi non può più parlare, per generare una riflessione
profonda su un tema delicato e, soprattutto, urgente.
Una due giorni fotografica che ha visto la partecipazione di più di 130 donne, non solo italiane, che hanno posato per un ritratto di denuncia contro il femminicidio, in maniera inequivocabile; per ogni ritratto prodotto, un nuovo tassello aggiunto all’opera finale; per ogni donna fotografata un nuovo grido di denuncia. Immagini evocative, potenti, seriali. La tragedia, la perdita, i sogni spezzati. Un dialogo, tra fotografia ed esposizione per una maggiore presa di coscienza verso un cambiamento culturale.
Performance artistica ma soprattutto invito all’azione; un appello alla responsabilità. Un’opera commemorativa dedicata a coloro che hanno perso la vita; perché questa barbarie abbia fine; perché chi si gira dall’altra parte e tace è colpevole!
Come ha scritto Lucia Mugnolo: “Chi ha partecipato sa che non si è trattato semplicemente di “posare”. L’esperienza ha toccato corde profonde, intime. Si entra in un luogo silenzioso. Si attende. Poi si viene guidate a terra, in un sacco scuro, occhi chiusi, mani che stringono un foglio con una frase e due date: la propria data di nascita e quella della morte di una vittima reale. Il corpo vivo diventa simbolo, diventa grido, diventa assenza. E quel momento breve ma
denso diventa parte di un’opera più grande: un collage di fotografie stampate in tempo reale, che insieme formano una parete di volti e nomi, di carne e memoria.”