La solitudine, una donna con pochi amici: i gatti.
Sono andata da Bianca due volte nei giorni scorsi, sono andata invano. Ho bussato al citofono, nella controra, forse è in casa e sta riposando. Mi chiedo spesso se di notte riesce a dormire o se guarda la tv, la stessa che trovo sempre accesa al mio arrivo. Questa volta vado un po’ più tardi, alle diciannove.
La fortuna mi arride, è in casa, si affaccia, come al solito, dalla finestra. Ho sempre adorato questo suo modo di fare, potrebbe alzare la cornetta del citofono e rispondere, semplicemente, “chi è?” e aspettare, dall’altro lato, una risposta e invece cerca il mio sguardo, silenziosa, sorridendo e sempre sorpresa di trovarmi di fronte a lei.
In casa ci sono due posti dove ci è concesso parlare: o al tavolo della cucina davanti ad un’immancabile tazza di caffè, o davanti alla tv, “coinquilino”, onnipresente ormai in quasi tutte le abitazioni. Fin qui nulla di strano. Non capisco se il volume alto le serva per non essere sentita dai vicini mentre parla, o sia, al contrario, un mezzo per non sentirsi sola. Il dato oggettivo è che, quando sono insieme a lei, non la guarda mai. Nelle sue stanze parliamo della sua infanzia, degli immensi sacrifici che dovuto fare da bambina prima e poi da ragazzina per portare avanti il negozio di famiglia.
Casa sua è la coesistenza di tante anime indifese, ne è la prova il rapporto, simbiotico, che Bianca ha con i gatti che sfama pur essendo in una situazione precaria, a cui presta cure che, sovente, nega a se stessa. Dedica a questi una parte consistente della sua giornata, lo fa con piacere, anzi con ampi ed inqualificabili gesti d’amore.
Da quando i genitori sono morti vive da sola, senza radici, ma il cielo l’ha protetta. Lei è Bianca, come una nuvola a cui il cielo ha voluto bene per il suo amore verso il prossimo, umano no, ma animale. Al quotidiano riservo di immensa bontà e gentilezza si consegna il suo animo.