La mostra fotografica “Irpina sospesa” riprende il suo viaggio, dopo una lunga pausa approda a Lioni, in provincia di Avellino. Ad accoglierla, un contesto tanto suggestivo quanto inusuale: tre ex carrozze bestiame delle Ferrovie dello Stato.
Da quando mi fu affidato l’incarico di raccontare, a quarant’anni dal sisma, i diciotto paesi dell’Irpinia inseriti all’epoca in una speciale lista, sono già trascorsi cinque anni. Il tempo vola.
Non fu un lavoro semplice ed, oggi, sfogliando il libro che allora produssi, mi domando se ripercorrerei le stesse strade, se seguirei le stesse intuizioni. Sicuramente lascerei intatte le introduzioni a firma di Ugo Morelli, Generoso Picone e Rosanna Repole.
Nel mio andare di paese in paese raccolsi molte tracce comuni: la bellezza prorompente della natura, l’acqua che sgorga ovunque, l’amore per l’arte e la cultura, la ricostruzione post-terremoto con i suoi errori ed orrori, l’imprenditoria giovanile, la solitudine e, al tempo stesso, un profondo senso di accoglienza e umanità.
Oggi la mostra fotografica Irpinia sospesa ha ripreso il suo cammino, approdando a Lioni, in provincia di Avellino, all’interno di tre ex carri merci e bestiame donati dalla Fondazione Ferrovie dello Stato al Comune di Lioni, su richiesta degli amministratori della cittadina.
Uno spazio insolito che mi ha conquistato sin dal primo momento, quando Yuri Giovino e Maria Antonietta Ruggiero, rispettivamente sindaco ed assessore al turismo di Lioni, mi hanno invitato a esporre. Quei carri, un tempo destinati al trasporto di cose ed animali, si sono trasformati in contenitori di cultura: un’idea semplice che può solo crescere creando un piccolo polo d’arte, suggestivo, insolito, ispiratore, al quale auguro una lunga vita.
Compagno di viaggio di questo debutto è la Compagnia teatrale Clan H, la cui presenza ha contribuito ad intrecciare linguaggi diversi, arricchendo con altre suggestioni l’esposizione della mostra e la serata inaugurale. È stato un incontro tra immagini e parole, memoria e creatività, che ha restituito al pubblico presente, non solo il ricordo delle sue ferite, ma anche la forza viva della sua identità. Una identità che si rinnova, generando energia collettiva. In questo dialogo tra fotografia e teatro, il passato non è più soltanto testimonianza, ma diventa occasione per ritrovare radici.
Altro compagno di viaggio l’azienda Foto Diego, sempre al fianco della cultura.